Un paio di giorni fa sono capitata su un articolo pubblicato da Internazionale, in cui il Dr. Burkeman parla di un fenomeno nuovo, che non conoscevo ma che a quanto pare sta prendendo piede velocemente. Si tratta del cosiddetto “digiuno dalla dopamina” (o Dopamine Fasting), l’ultima moda lanciata nella Silicon Valley dal Dr. Cameron Sepah, Psicologo clinico e Professore alla UCSF Medical School. Consiste nel cercare di ridurre la dopamina, una sostanza chimica prodotta dal cervello associata alla sensazione di piacere, attraverso l’astinenza da attività piacevoli, come il cibo, l’alcol, il sesso, l’uso di smartphone e dei social network. Non si è ancora capito se questa astinenza debba coinvolgere anche attività più semplici, ricreative e sociali, come leggere, accarezzare il proprio gatto e fare un bagno caldo, uscire la sera e guardare negli occhi un amico: su questo ci sono voci discordanti. Comunque, a che pro tutto questo? Lo scopo è “resettare” il cervello, sganciarlo dall’iperstimolazione a cui è sottoposto quotidianamente e renderlo più efficiente e più aperto verso le cose semplici della vita.
Questa pratica mi ha subito incuriosita, quindi sono andata a cercare articoli e notizie sull’argomento. In Italiano c’è qualcosa, ma nulla di esaustivo. D’altra parte è una novità, se ne parla ancora poco, e attualmente le opinioni (anche degli esperti) sono discordanti. In questo articolo ho cercato di integrare i diversi contributi, per lo più di origine anglofona, per restituire un quadro il più chiaro possibile sulla complessità del fenomeno e dei diversi pareri.
LA DOPAMINA
Ciara McCabe, Professoressa in Neuroscienze presso l’Università di Reading (UK), sottolinea come la dopamina sia un neurotrasmettitore essenziale per moltissime funzioni corporee e mentali, come il controllo motorio, la memoria e la regolazione del sistema di attivazione e ricompensa. Ad esempio, bassi livelli di dopamina vengono riscontrati in persone affette dal Parkinson.
La dopamina è associata al reward system, ovvero a quel meccanismo che ci permette di provare piacere quando siamo in presenza di ricompense come cibo e alcol. È la sostanza che ci spinge a ricercare nuove gratificazioni. Si tratta di un sistema che, grazie alla plasticità cerebrale, può anche apprendere nuove associazioni: ad esempio, quando nel nostro ambiente più prossimo non ci sono vere e proprie ricompense, ma sono comunque presenti elementi che sono associati a delle ricompense, l’attività della dopamina aumenta ugualmente. Anche stare dentro ad un negozio di caramelle o pensare a dei dolcetti sono situazioni sufficientemente attivanti per determinare il rilascio della dopamina.
La dopamina è associata, quindi, ai circuiti want (“volere”) e ha un ruolo importante anche in disturbi in cui la ricerca delle gratificazioni è iper-stimolata o al contrario deficitaria. Ad esempio, una caratteristica peculiare della Depressione, in cui si verificano forti alterazioni nella produzione di dopamina (oltre che di serotonina e noradrenalina), è proprio la perdita di interesse o piacere in tutte (o quasi tutte) le attività che prima erano fonte di piacere e soddisfazione (anedonia).
DOPAMINA E DIPENDENZA
Quindi, giustamente, la Prof.ssa si chiede: che senso ha digiunare da una sostanza tanto importante per le funzioni vitali del nostro cervello e del nostro intero organismo?
Chi è a sostegno di questa pratica sottolinea che la dopamina, essendo centrale nel sistema di ricerca delle ricompense, ha un ruolo fondamentale anche nello sviluppo delle dipendenze. Quindi si possono ridurre solo i comportamenti potenzialmente dannosi per spezzare l’associazione stimolo-risposta (es., like su Facebook-rilascio di dopamina-ricerca di altri like, e così via) alla base del problema.
QUESITI APERTI
A questo punto le domande sono almeno due:
1) È davvero possibile incidere sui nostri livelli di dopamina in modo così arbitrario?
2) E se anche fosse possibile, può funzionare nel ridurre il desiderio e il bisogno di gratificazioni non salutari, come l’uso smodato di smartphone e social network?
Secondo la Prof.ssa McCabe, anche se fosse possibile, non è consigliabile ridurre la quantità di dopamina nel cervello perché ne abbiamo bisogno per le nostre funzioni quotidiane.
Inoltre, ciò che si potrebbe andare a ridurre non è tanto la quantità di dopamina in sé, ma la sua stimolazione. Per farlo, sappiamo che bisognerebbe diminuire la propria esposizione ai fattori stimolanti. Cosa che risulta veramente difficile fare, vista la mole di stimoli attivanti (o neutri, ma associati a potenziali ricompense) presenti nel nostro ambiente di vita.
Penso ad una eventuale ‘disintossicazione da smartphone’. Fermo restando l’obiettivo di ridurre la dopamina e assumendo che anche l’esposizione a stimoli esterni attivanti può attivarne il rilascio (pensiamo all’esempio del negozio di caramelle di cui sopra), come faccio ad estraniarmi dal mondo che mi circonda e da tutte quelle persone che incontrerò ogni giorno che avranno un telefono in mano? La dopamina non verrà stimolata automaticamente non appena la mia mente attiverà l’associazione telefono=>Facebook=>gratificazione?
Ho diverse perplessità, ma la questione è ancora aperta. Accetto suggerimenti o considerazioni 🙂
Fonti e approfondimenti:
– Psycom